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Formulare le domande in maniera chiara e comprensibile

Sognavo profondamente quando mi sento chiamare dalla mia piccina -Emanuela- di un anno e mezzo: “Mamma! Mamma! Mammaaaaaaaaaa!”

Ok, ok, ho capito. Mi sveglio e mi alzo immediatamente a prenderla dal suo lettino per evitare che si sveglino gli altri membri della famiglia. Sono soltanto le 6.25 ed è domenica!

Buongiorno! Macché buongiorno e buongiorno.

Mi sento disturbata, infastidita e contrariata. Dopo aver provveduto a cambiare il pannolino e vestire Emanuela mi adagio nuovamente sul letto invitando la piccina a giocare un po’. Dopo mezzo secondo va nella stanza del fratellino e lo sveglia. Rocco, 4 anni e 1/2, è felice di vederla e, con un sorrisone, balza giù dal letto. Viene in camera da letto, mi da il bacetto del buongiorno, mi comunica che ha necessità di andare in bagno a fare pipì e si avvia verso il bagno.

Dalla camera da letto gli urlo: “chiudi la porta dopo che entri in bagno”. (Se avesse chiuso la porta del bagno la piccolina avrebbe continuato a giocare lontana da lì, quindi io avrei continuato ad essere distesa sul letto). Invece…

Rocco entra in bagno lasciandosi la porta aperta alle spalle. Emanuela, inevitabilmente, ci entra ed io sono costretta a tirarmi su per evitare contatti tra le manine di Emanuela e l’acqua del wc. Sì, perché è quello che avrebbe fatto se non l’avessi fermata, ne è attratta.

L’irritabilità sale e il mio primo pensiero è: Rocco non mi ha ascoltato. Cosa c’era di così difficile da capire?
Gli ho semplicemente chiesto di chiudere la porta dopo che fosse entrato in bagno.

Sì, però, un attimo, se Rocco è un bambino collaborativo perché non avrebbe soddisfatto la mia richiesta? Non è che la mia domanda era troppo generica? Oppure poco chiara? Oppure entrambe?! Finalmente ci sono arrivata! Ma certo!

Se il bambino non ha chiuso la porta del bagno alle sue spalle è semplicemente perché non gli ho specificato quale porta fosse. Poteva essere quella della mia camera o quella della sua. Inoltre, non gli ho spiegato il perché volessi che la chiudesse.

A volte ci adiriamo con i nostri figli quando, in realtà la responsabilità delle richieste poco chiare è soltanto NOSTRA!
Diamo per scontate tante dinamiche. Pensiamo che i nostri figli debbano capire al volo tutto e capire anche l’implicito non esplicitato. Beh, così non è!

Era giusto pensare che, ancora una volta, non mi avesse ascoltato?

Risposta: NO!

Cosa centrava Rocco:

  • con il mio malumore mattutino?
  • Se la richiesta gli era stata formulata in maniera poco comprensibile?

Tante e tante volte ci ritroviamo a rimproverarli per non aver eseguito nostri compiti o per non aver intuito la nostra necessità ma non è colpa loro!
Delle volte pretendiamo troppo da loro solo perché sanno cambiarsi, lavarsi, fare pipì da soli, aprire e chiudere una porta o uno sportello.

I nostri bimbi conoscono una minimissima percentuale delle azioni che regolano il mondo eppure siamo sempre pronti a disapprovare i loro comportamenti.
Se vogliamo essere genitori efficaci abbiamo l’obbligo di fare richieste chiare, in base alla loro età.
Se il mio risveglio è stato brusco non posso scaricare la difficoltà che ne consegue su di lui.

Io: “Rocco, scusa se sono stata poco chiara. Quando ti ho chiesto di chiudere la porta intendevo quella del bagno. Se tu chiudessi la porta del bagno quando entri in bagno la sorellina eviterebbe di entrarci così tu puoi fare la pipì in tranquillità e la mamma può continuare a fare quello che faceva”.
Rocco: “ok mamma”.

Nelle volte successive ho posto particolare attenzione alla richiesta e gliel’ho specificata in modo chiaro. Dopo diverse ripetizioni mio figlio, allenando la memoria procedurale, l’ha appreso come comportamento standard. Certo, a volte se ne dimentica perché è immerso nei suoi giochi ed già è tanto che li interrompe per andare a fare pipì. Ma la maggior parte delle volte lo fa in automatico.

E tu? Come formuli le domande?

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